Mostra “Incandescente” di Bashkim Dervishi

Sono tanti i motivi per apprezzare un’opera o un viaggio artistico.

Innanzitutto proviene dalla storia di un’antropologia visiva che coglie le sfumature della vita dell’artista tradotte in frammenti di immagini epiche o di routine, nell’illuminazione dell’animo artistico che da pennellate pittoriche illumina la storia umana, talvolta nell’intimità di piccoli eventi , a volte negli scontri storici di grandi eventi culturali.

In secondo luogo, nasce da una approfondita ricerca estetica del rapporto dell’artista con il suo tempo, nelle rifrazioni degli strumenti artistici, dove la fotografia come memoria storica si intreccia spesso con la pittura poetica, sequenze di immagini iconografiche nazionali o internazionali si riflettono in nuovi feticci visivi, costruire un nuovo dialogo culturale.

Secondo Guy Debord, “La società dello spettacolo, agli albori dell’era televisiva, intuì con straordinaria chiarezza che il mondo reale si sarebbe trasformato in immagini, che lo spettacolo sarebbe diventato “il prodotto principale della società attuale”. Il comunismo (dei proprietari del proletariato) e il capitalismo (dei proprietari del capitale) non erano che due forme di regime politico, l’una basata sullo “spettacolare concentrato” e l’altra sullo “spettacolare disperso” del consumismo”.

Eppure Bashkim Dervishi canta un inno alla “Donna”, alla sua magia, alla sua fragilità e allo stesso tempo alla sua forza visiva in situazioni intermedie, da qualche parte nella vita quotidiana e da qualche parte al crocevia della storia dell’arte. È l’Adamo postmoderno che segue Eva nel giardino della sua arte, proponendoci nudi non solo figure femminili, ma nuda storia. La “Gioconda di Da Vinci” diventa più forte e seducente in “La Gioconda di Nudon/Derviscio”, o “Nostra Sorella di Idromeno” acquisisce il potere della fragilità femminile nella nudità nascosta in “Nostra Sorella di Derviscio”.

L’ambiguità delle immagini provenienti da una stessa immagine è un concetto e un chiaro stato artistico di esso analizzando come le immagini di una cultura popolare (Pop Art) influenzano la nostra vita quotidiana che Andy Warhol sottolinea: “Ho iniziato a ripetere la stessa immagine perché adoro il modo in cui la ripetizione cambia la stessa immagine. Sentivo anche allora, come adesso, che le persone possono guardare e assorbire più di un’immagine alla volta.”

Ciascuna delle sue pennellate è come dipingere una luce interiore, un’incandescenza spirituale, come dice lo stesso artista, descrivendo in parole semplici il critico Llambi Blido che “nei dipinti dell’Unione, le pennellate sembrano lampade al neon”.

il prof. Asc. Dott. Ardian Isufi
Curatore

Galleria FAB Gallery Università delle Arti, Tirana

25/09/2024 – 05/10/2024

19:00

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